Pierluigi Galassi

Prefazione

La fotografia inventata ufficialmente nel 1839 era già nell'aria da molto tempo e come dicono Helmut e Alyson Gernshein «il fatto che la fotografia non sia stata inventata prima resta un grande mistero della storia».1

Diversi sono coloro che se ne attribuiscono l'invenzione ad iniziar da Thomas Wedgwood nel 1802, Niépce nel 1826, o William Henry Fox Talbot nel 1835. Ma solo M. J. Daguerre nel 1835 e ufficialmente nel 1839 mette in commercio una macchina fotografica composta da una scatola di legno, una fessura per la lastra di rame sul retro e frontalmente un obiettivo fisso, in vetro e ottone. Quest'ultimo era inizialmente costruito sullo schema dell'ottico francese Charles Chevalier, possedeva una luminosità compresa tra f/11 e f/16 e la lunghezza focale era di 360 mm, a cui fu dato il nome di Dagherrotipo.

Il principio di funzionamento consiste nel «combinare due principi scientifici, già noti da tempo. Il primo era un principio ottico: la luce che passa attraverso una piccola apertura in una delle pareti di una camera oscura proietta un immagine sulla parete opposta. La camera oscura era stata uno strumento di lavoro familiare ad artisti e scienziati sin dal XVI secolo. A partire dal XVIII, era diventata un oggetto portatile di uso comune, progettato per proiettare su carta o vetro un'immagine che l'artista poteva tracciare. Il secondo principio era chimico. Nel 1727 Johann Heinrich Schulze aveva dimostrato che certe sostanze chimiche, in particolare gli alogenuri di argento, anneriscono se esposte alla luce. Gli inventori della fotografia usarono queste sostanze chimiche per rendere stabile l'immagine incorporea creata nella camera oscura».2

Da principio la fotografia non aveva una sua identità specifica se ne facevano i più vari usi sia dal lato artistico che "magico". In preponderanza però fu usata come ausilio dai pittori per i loro quadri infatti tutta una serie di dipinti dell'Ottocento sono derivati direttamente da fotografie, e perciò secondo Peter Galassi la fotografia è una legittima erede della tradizione pittorica occidentale.3

Cosa in cui è d'accordo anche Gisèle Friend nel suo libro:

«Nei primi tempi del ritratto fotografico, si nota un fatto di un interesse straordinario. La fotografia all'inizio del suo sviluppo, quando aveva ancora una tecnica primitiva, godette di una finezza artistica eccezionale.»4

C'è anche chi afferma che questa invasione del mezzo sia stata la causa per cui la pittura si fece astratta.5

Le origini prime della fotografia si dice che debbano risalire all' «invenzione quattrocentesca della prospettiva lineare. Sotto l'aspetto tecnico si può dire che la fotografia non è che un mezzo per produrre automaticamente delle immagini in una prospettiva perfetta.»6

Infatti, i fotografi, usano le regole della prospettiva nella composizione delle loro immagini "foto", tenendo conto delle antiche regole prospettiche usate da Leon Battista Alberti nel suo "De Pittura", secondo il principio detto della piramide. «All'apice della piramide sta l'occhio. La base della piramide è il perimetro dell'immagine. L'immagine è la proiezione sul piano intersecante di tutto quanto è compreso dalla piramide, che si estende all'infinito».7

Perciò le regole che il fotografo doveva e deve usare si possono riassumere in tre momenti fondamentali.

«1. deve scegliere la disposizione del soggetto oppure (cosa praticamente equivalente) scegliere il momento in cui rappresentare un soggetto dato; 2. scegliere il punto di vista; 3. scegliere l'estensione della veduta, o in altre parole, stabilire i confini dell'immagine.»8

Uno dei fotografi che si distinsero negli ani '50 dell'ottocento fu Félix Tournachon Nadar che nel 1853 (dopo quattordici anni che la fotografia era diventata di dominio pubblico) aprì uno studio fotografico a Parigi rue Saint Lazare. Ben presto diviene uno dei fotografi più celebri a cui accorsero per farsi fotografare tutti i personaggi più famosi.

«Le sue opere come quelle di altri fotografi che lavorano in questo periodo, Carjat, Robinson le Gray ecc, possono inserirsi a buon diritto nel campo dell'arte».9

Questa affermazione rinforza così la tesi di Peter Galassi che la fotografia è arte e figlia essa stessa dell'arte. Da questa posizione si discostano altri autori o fotografi come il nostro Renzo Chini,

La fotografia dati gli alti costi delle lastre metalliche e di grandi formati era riservata solo alla classe di benestanti fino a quando il fotografo Disderi, genovese, trapiantato a Parigi non ebbe la geniale idea di usare per negativo un lastra di vetro e, di ridurre i grandi formati in "carte da visite"6x 9 cm così poteva a differenza di prima fare con ogni negativo circa 10 positivi, così il costo passava dai 50 o 100 franchi a copia solo a 20 franchi per dodici copie. Disderi così lanciò una vera e propria nuova moda del ritratto fotografico che passò le Alpi arrivando in Italia e persino a Piombino. Dove il primo fotografo, conosciuto Ovidio Pelagatti, livornese, mise nel 1913 il suo laboratorio che poi stimolò la nascita di nuovi fotografi nella nostra zona dei quali, i più importanti, vien qui narrata la storia le curiosità e gli aneddoti.

Enrico Beni


NOTE:

1 Helmut e Alison Gernsheim,The History of Photography from the Canera Obscura to the Beginning of the Modern Era, New York, Mac Graw Hill 1955 p. 133.

2 Peter Galassi, Prima della fotografia. La pittura e l'invenzione della fotografia. Torino, Bollati Boringhieri 1989, p. 15.

3 Peter Galassi,, cit. p. 17.

4Gisèle Friend. Fotografia e società. Torino, Einudi 1976 pp. 30-31.

5 Peter Galassi, cit. p. 17.

6 Ibidem, p. 18.

7 Peter Galassi, cit. p. 19

8 Ibidem.

9Gisèle Friend. Fotografia cit., p.38.

Perché questo libro

Collezionando vecchie immagini di Piombino , da cui è nata una mostra (anni '70) e proseguendo con un altra mostra "le radici del nostro presente" (1986), son apparse tra i soci e gli organizzatori del Centro Culturale Fotografico S. Antimo sezione Fotografia vecchie foto degli ultimi dell'800, di cui non si sapeva il nome dell'autore salvo qualcuno. Così mi è venuta la curiosità di indagare sui vecchi fotografi piombinesi e sulla fotografia a Piombino. Abbiamo iniziato a raccogliere foto notizie ed aneddoti. Tante sorprese e rivelazioni ci sono state fornite da amici, dagli alunni delle scuole che negli anni '70 furono dal nostro circolo invitati a "rufolare"1 nei cassetti dei nonni per cercare vecchie fotografie.

Anche Renzo Chini (uno dei più famosi fotografi amatoriali e critico fotografico, restò meravigliato del successo dell'iniziativa e del materiale ritrovato, e pubblicò sulla rivista "Photo 13"diverse di quelle immagini. Chini era il redattore della rivista e suo direttore era Ando Gilardi.2 Bellissima rivista dove si trattava la fotografia seriamente, però si sa le cose belle non vengono apprezzate dal grande pubblico e dopo pochi anni dovette chiudere.

La mostra "Le radici del nostro presente" del 1986 ha avuto successive edizioni fino a ad oggi ed ha cambiato il suo nome in "Piombino Bella", dove tutti i soci ci cimentano ogni anno con foto scattate da loro e foto "ritrovate" per onorare la patrona di Piombino Santa Anastasia. La mostra si tiene, grazie a Monsignor Pierluigi Castelli nel chiostro della Concattedrale di S. Antimo.

Da queste mostre sono emersi nomi di fotografi a noi sconosciuti e, con questa pubblicazione, cercheremo di mettere un po' di ordine almeno facendo conoscere i fotografi professionisti e non, che hanno operato in Piombino. Poi abbiamo deciso di ricordare anche i fotoamatori che si sono distinti in campo nazionale e internazionale e i titolati delle federazioni riconosciute.

Altri, che hanno fotografato continuamente per tutta la loro vita senza interruzioni di sorta e tanti simpatizzanti per la fotografia che oggi sono presenti vorremmo ma non sarà possibile citarli tutti. Auguriamo loro di farsi un nome e ci scusiamo se ci siamo dimenticati di qualcuno.

Pierluigi Galassi.tem sequi nesciunt neque porro quisquam est qui dolorem ipsum.

APPENDICE I

INTERVISTA IMPOSSIBILE A RENZO CHINI 1

Renzo Chini uno dei grandi maestri critici di fotografia è stato ed è una gloria per Piombino, e resta anche un maestro ancora oggi e i suo scritti sono ancora attuali nonostante che oggi la fotografia si vada "liquefacendo" attraverso la reti, i telefonini e altri mezzi multimediali, divenendo un mezzo a portata di tutti ma che pochi sanno usare, leggere ed analizzare, e comprenderne le implicazioni fisiche e psicologiche.

Perciò ho deciso, come moderno Ulisse, andare a trovar Renzo nell'Ade.

Giunto che fui nel luogo del riposo eterno, incontrai Renzo che mi venne incontro da lontano, sorridendo ma restando compìto e mi disse:

«Cosa fa lei qua in questo luogo, tra i morti?»

Ed io risposi: «Ho avuto il permesso dal Signore dell'Eternità per poterla intervistare, dato che io e il suo amico Pierluigi, si ricorda... stiamo facendo un libro sulla fotografia e sui fotografi a Piombino, cosa alquanto difficoltosa, e vorremmo corredarlo di suoi pensieri e parole che possano chiarire al meglio qual è il ruolo della fotografia e dei fotografi e cercare di suscitare in loro l'amore per una cultura fotografica che si sollevi dalla mediocrità e dal già visto.»

«Sempre idealista lei... fin da quando venivo a trovarlo in libreria e gli dicevo che il suo era tempo perso in questa società del consumismo e del tutto subito.»

«Lo so ma almeno ci ho provato, e forse qualcosa è rimasto... ma ora veniamo a noi.

«Chi è il fotografo

«Ci sono due tipi di fotografi: i dilettanti e i professionisti. I dilettanti, mai così numerosi, dimostrano spesso del gusto, della perizia, e in alcuni casi producono "pezzi" eccellenti. Non credo però che questo basti a farli considerare dei fotografi, anche se le loro fotografie ricoprono le pareti delle mostre e popolano le pagine degli annuari. Per raggiungere un propria pienezza espressiva, è necessario divenire professionisti. Alla base di questa distinzione c'è un fatto etico che, per quanto discutibile, non è infondato. Il professionista almeno nominalmente, ha una responsabilità. Invece il dilettante fotografa per divertirsi guardi per questo la maggior parte di ciò che è visibile oggi sui vostri Facebook e Instangram, Dropbx, Postimage ecc.

È solo nella serietà e continuità produttiva si può trovare la condizione morale dei professionisti seri e impegnati. E infatti soltanto a questi dobbiamo ad esempio il ritratto di intere epoche, per dirla con il titolo di una famosa raccolta di fotografie di Erich Salomon 2.

Del resto non credo che sarebbero molti i dilettanti disposti a partire per la guerra (in Siria, in Irak Libia ecc.) o per quella di Crimea come fece Fenton o per quella di secessione come Brady o i suoi assistenti. Non perché si può finire alla maniera di Capa o di Seymour ma perché manca un motivo serio per farlo. Invece per il professionista è lavoro: poi, col guadagno che ne ricava, mantiene i figli e la moglie. Anche Steichen nella propria autobiografia dice che, per essere valida, un immagine deve essere utile.3

SEGUE NEL LIBRO...... 

NOTE: 

1 Le risposte sono state tratte, con opportuni adattamenti, da "Il linguaggio Fotografico" di Renzo Chini, Ed. Sei, e da alcuni suggerimenti del figlio Giorgio che ringraziamo vivamente.

2Erich Salomon, Porträt einer Epoche, Berlini Verlag Ullstein G.m.b. H. 1964.

3 E. Steichen, A life in Photography, in "Us Camera international Picturese 1965, Tom Maloney, New York, 9 East Forthieth Street, U.S. Camera Publishing Corp. 1965.

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