Attraverso gli occhi di Biancaneve 

Intervista al Gruppo Eama

  ERICA.... LE NOZZE CON LA FIABA

Mai mia madre mi narrò una fiaba.

Ci fu invece una volta in cui, costretta io a letto febbricitante, mi lesse una favola di Esopo ed un'altra in cui mi raccontò la leggenda che spiegava come i maiali si fossero meritati quel nome. Fu per me profondamente toccante e mi augurai di non dover mai più ascoltare quella storia tanta era la pena che provavo in cuore per il maiale protagonista della sfortunata vicenda e per il quale piansi tutte le mie lacrime di nascosto.  Fatti salvi questi due episodi per me la fiaba aveva il volto della nonna. Era lei che la sera si sedeva accanto al mio letto per accompagnarmi nel sonno. A volte la fiaba era narrata, a volte era presa da certi libretti illustrati che all'epoca della mia infanzia erano assai diffusi. In realtà ne possedevo ben pochi di proprietà, la maggior parte erano stati ereditati da mia cugina, di otto anni maggiore. Il rituale della "messa a letto fiabesca" si protrasse per anni, sicché il mio mondo bambino fu interamente popolato da immagini. E tanto più inconsapevolmente avvertivo il potere nutriente e sacro di quelle immagini, tanto più pretendevo di mangiare davvero qualcosa prima di dormire. Durante l'ascolto sgranocchiavo grissini o biscotti in maniera da sentire sazia sia la pancia che l'anima e con questo senso di pienezza scivolavo nel sonno fra le briciole.(CONTINU

ALDO NELLE FIABE LA PROPRIA ITACA

 Ricordo la figura della nonna Pierina, in campagna, nella pianura Lomellina, fra risaie, pioppeti e interminabili canali irrigui. Trascorsi un lungo periodo in cascina, quando mia madre era in attesa di mia sorella. Quasi un esilio lontano dalla mia casa. [...] 

Avevo 4 anni.[...] La sera si cenava dopo esserci lavati via le dure fatiche del giorno: aratura, fienagione, semina, raccolta, essicazione, mucche, galline, caprette, oche, conigli da accudire, ripulire, foraggiare, abbeverare. Il nonno a quei tempi era un grande lavoratore e grande bevitore. Taciturno, lui non ascoltava le fiabe che la nonna mi raccontava dopo cena nella piccola cucina riscaldata da una stufa a legna. Animali magici, principesse e castelli, terribili prove che sempre venivano superate. Il finale era bizzarro, la stessa formula conclusiva per ogni fiaba. Lei diceva di essere dietro l'uscio a guardare quelle meraviglie dal buco della serratura e di ricevere la padella sul muso. Non ho mai saputo da parte di chi subisse quell'oltraggioso gesto, ma so che l'avrei ripagato a dovere. Ogni volta quel finale mi sorprendeva, mi scuoteva, rendendo ancora più verace la storia. Poi si saliva a dormire al piano di sopra, nella stanza non riscaldata. Mia madre non ci raccontava fiabe. Per il Natale dei miei sette anni mi regalò delle fiabe illustrate e sonore che ascoltavo e riascoltavo: il Gatto con gli stivali, Cenerentola, Biancaneve...ma non era più come sentire la nonna.. (CONTINUA).

ANNA E IL TESORO RITROVATO

  Come tanti ho incontrato le fiabe da bambina, me le raccontava la nonna Teresa. La nonna non aveva titoli di studio, non aveva specializzazioni pedagogiche di sorta, ma sapeva che le fiabe non vanno lette perché si narrano. Mi faceva sedere in cucina e col suo intercalare in dialetto veneto mi sussurrava " sentete che te conto...". Tra il mio cuoreed il suo non c'era la barriera di una pagina stampata, di un libro, né illustrazioni preconfezionate disturbavano la mia fantasia creatrice di allora. Il momento della fiaba diventava così un vero e proprio rito. Era un raccontare che veniva dalla saggezza del suo affetto, era fatto di enfasi, intonazioni, gesti, sguardi e pause...le pause della nonna erano così dense di significato che sembravano evocare qualcosa di sacro. Di fronte a quel mistero non si poteva che restare a bocca e cuore aperti...Improvvisamente la cucina della nonna diventava il bosco di Cappuccetto Rosso, nel quale io stessa mi incamminavo, incontravo il lupo e, fiduciosa, aspettavo che giustizia fosse fatta. La bestia annegava col ventre pieno di sassi ed io gioiosamente mangiavo la fetta di pane, burro e marmellata che era la mia merenda. (CONTINUA)

MARIAROSA  E "LA RECHERCHE DU TEMPS PERDU'"

 La mia infanzia è stata senza fiabe, senza storie in generale...la mia infanzia è stata"senza"... Sono nata nella sperduta campagna cremonese all'epoca in cui gli ultimi buoi lasciavano il posto ai primi trattori per il lavoro nei campi. Sono cresciuta frequentando scuole elementari in una pluriclasse con la maestra che cambiava ogni trimestrE.[...]Ma il nonno era anche un appassionato lettore, qualità anomala nella nostra cerchia. Leggeva ogni cosa gli capitasse a tiro, sicché si cominciò a porre in relazione il leggere e la "pazzia", ecco: si diceva che il nonno era impazzito perché leggeva troppo... Anche io amavo leggere, ma in casa i libri erano vietati perché altrimenti mi sarei ammalata, come il nonno...Solo i testi scolastici erano ammessi.  [...]Nella mia infanzia ho avuto un solo libro extrascolastico: "Le avventure di Pinocchio", ricevuto in dono a 9 anni da una zia paterna. La storia del burattino è stata letta e riletta infinite volte, soprattutto l'episodio in cui Pinocchio è nel ventre della balena. Molto tempo dopo, neo mamma negli anni Novanta, acquisto la raccolta di fiabe dei Grimm...e non la leggo. Personaggi cruenti, finali brutali, no, meglio le versioni in cartone animato e sistemare il volume sulla libreria. [...]Devo arrivare al 2019. Con quello che pomposamente chiamiamo "gruppo di studio" inizio un viaggio infinito nel mondo delle fiabe. Mi sono compagni Anna, Aldo ed Erica.

Una sera alla settimana apriamo insieme questo scrigno ricco di cose preziose, e lasciamo che la fiaba ispiri le nostre riflessioni.

Ho così compreso che le fiabe sono esseri amorevoli e saggi e che, nonostante la loro delicatezza, sanno sempre come incontrare coloro che si aprono ad accoglierle, anche se, come è stato per me, l'infanzia è terminata da un pezzo... Per le fiabe non è mai troppo tardi... (CONTINUA)



"La verità ama celarsi" diceva Eraclito, invece, per correttezza, ci corre l'obbligo di dichiarare pubblicamente qualcosa di imbarazzante...di fare,ampliando l'accezione di un comune modo di dire, il nostro "coming out"...

Sapevamo in anticipo che immergersi nel mondo della fiaba equivale ad attingere ad una forza magica che scaturisce direttamente dalle sorgenti dell'esistenza. Per questo motivo commentarne ed analizzarne il contenuto non può che snaturarle, che svilirle, costringendole in un ruolo privo di quella sacralità con la quale nacquero nella notte dei tempi.

Eppure l'abbiamo fatto...

E perché l'abbiamo fatto?

Perché si può sbagliare pur sapendo di farlo, perché c'è un lato formativo dell'errore: quello che consente di crescere...

Le riflessioni che andiamo a presentare non vogliono pertanto essere una chiave di lettura alternativa a quelle di eminenti psicologi, psichiatri, linguisti, storici e cineasti che hanno invaso con forza di giudizio la poesia delle fiabe. Vogliono piuttosto essere l'invito a riconoscere, nelle vicende fiabesche, quei conflitti, quei percorsi biografici, quei fatti umani che, al di là delle peculiarità individuali, tutti siamo chiamati ad attraversare poiché connettono l'essere umano al cosmo. Le fiabe illustrano come macrocosmo e microcosmo siano connessi, siano parte di un'unica realtà che vive in un rapporto di reciprocità. Solo ravvisando tale "comunione" si giunge alla consapevolezza che le fiabe, pur con immagini poetiche, narrano la profondità del vero.

Ciò che andiamo ad esporre si presenta dunque come l'esortazione adiventare, e soprattutto a crescere, uomini capaci di trascendere il vigente sistema meccanicista che volentieri riduce ogni cosa a numero, peso e misura, uomini capaci di andare oltre il pregiudizio e la convenzione, uomini portatori di un "libero pensare".

Proprio per non perseverare nell'errore, scelta diabolica, ci siamo limitati ad evidenziare la sapienza delle fiabe attraverso una sola rappresentante: racconto tra i più noti e proprio per questo tra i più violati. Le riflessioni proposte appartengono sia ai singoli componenti del gruppo, sia al gruppo nella sua totalità. Nello stesso tempo però esse li trascendono, poiché scaturiscono da un più ampio pensare, derivante, ovviamente nei singoli membri e nel gruppo in toto, dal partecipare alla cultura dell'ambito formativo scelto come privilegiato, anche se non esclusivo, che si rispecchia nell'antroposofia di Rudolf Steiner.

Quando parliamo di fiabe facciamo riferimento alle versioni originali raccolte dai fratelli Grimm e oggi comprese nel Registro dell'UNESCO "Memory of the World" che tutela i documenti culturali.

Versioni originali?

Fino ad un certo punto...Già i Grimm, dovendo editare i racconti in forma scritta, tradirono l'oralità, tradimento che si è inevitabilmente perpetrato nelle successive pubblicazioni nelle diverse lingue.

A noi queste opere giungono nello stile, nel tono, nel lessico e nella sintassi della lingua italiana. Ma, fatte salve tutte le possibili variabili del ductus lessicale, vale la pena di fidarsi della fiaba stessa per superare il capire e giungere al comprendere.

Di fatto abbiamo consultato la traduzione di Clara Bovero del 1951 nel volume " Fiabe del focolare" edito da Mondolibri su licenza di Giulio Einaudi. (CONTINUA)

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